(Alessandria d’Egitto, circa 370 d.C. – marzo 415 d.C.)
E` la prima scienziata la cui vita sia stata ben documentata. Nacque ad Alessandria d’Egitto probabilmente intorno al 370 d.C. Figlia di Teone, filosofo della Scuola d’Alessandria che oggi definiremmo ‘rettore’ di un centro di studi superiori, fu sua allieva, collaboratrice e, all’età di 31 anni, gli succedette prendendo il suo posto alla cattedra della Scuola neoplatonica di Alessandria; le fonti antiche concordano nell’affermare che «ella divenne migliore del maestro, particolarmente nell’astronomia, e che sia stata ella stessa maestra di molti nelle scienze matematiche».
Della sua opera non si è conservato quasi nulla, distrutta dalla follia umana. Le uniche notizie di prima mano su di lei ci vengono dalle lettere dei suoi allievi come Sinesio,l’allievo prediletto e futuro vescovo di Cirene, che la chiamava “madre, maestra e benefattrice” e su di lei ha lasciato una preziosa testimonianza scritta; forse alcuni frammenti di opere di Ipazia sono stati ritrovati nel ‘Quattrocento, per ironia della sorte, proprio nella Biblioteca Vaticana. I suoi lavori finirono con molta probabilità per essere inglobati nelle pubblicazioni di altri autori.
La sua opera più significativa è un commento in tredici volumi all’Aritmetica di Diofanto (Il sec.), il “padre dell’algebra” cui si devono lo studio delle equazioni indeterminate (le diofantee) e importanti elaborazioni delle equazioni quadratiche. Nel suo commento Ipazia sviluppò soluzioni alternative a vecchi problemi e ne formulò di nuovi che vennero inglobati, in seguito, nell’opera di Diofanto. Scrisse anche un commento in otto volumi a Le coniche di Apollonio di Pergamo (111 a.C.), un’analisi matematica delle sezioni del cono, figure geometriche che furono dimenticate fino al XVI secolo quando vennero usate per illustrare i cicli secondari e le orbite ellittiche dei pianeti. In quest’opera Ipazia inserì il Corpus astronomico, una raccolta di tavole astronomiche sui moti dei corpi celesti. La studiosa fu autrice con il padre di un commento all’Almagesto di Tolomeo, una mastodontica opera in tredici libri che raccoglieva tutte le conoscenze astronomiche e matematiche dell’epoca, e di un’edizione riveduta e corretta degli Elementi di Euclide.
Si tramanda che Ipazia avesse inventato l’astrolabio, il planisfero e l’idroscopio.
L’astrolabio è un antico strumento astronomico tramite il quale è possibile localizzare o predire la posizione di corpi celesti come il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle; l’astrolabio piatto progettato da Ipazia era formato da due dischi metallici forati, ruotanti l’uno sopra l’altro mediante un perno rimovibile. Di questo strumento Sinesio è particolarmente orgoglioso in quanto scrive che “concepito sulla base di quanto mi insegnò la mia veneratissima maestra […] Ipparco lo aveva intuito e fu il primo a occuparsene, ma noi, se è lecito dirlo, lo abbiamo perfezionato”. Serve anche per determinare l’ora locale conoscendo la longitudine, o viceversa. Data la sua curiosità per l’astronomia, Ipazia riuscì a mappare i corpi celesti, arrivando a fare un planisfero completo. L’idroscopio (densimetro) è un apparecchio utilizzato per misurare il peso, o meglio la densità, dei liquidi; anche questo è stato descritto nel dettaglio da Sinesio.
Un giorno del marzo 415 d.C. un gruppo di monaci parabolani,membri di una confraternita cristiana che nella Chiesa delle origini si dedicava alla cura dei malati, degli appestati e alla sepoltura dei morti, guidato da Pietro il lettore, sequestrò Ipazia. I monaci la trascinarono in una chiesa e lì, al chiuso, la trucidarono usando strumenti taglienti, forse pezzi di vetro o di conchiglia. I suoi resti furono poi portati in una località preposta all’eliminazione dei rifiuti, conosciuta come Cinarone, e lì bruciati. Il delitto restò impunito perché l’inviato imperiale non fece il suo dovere; le fonti non consentono di attribuire al vescovo Cirillo di Alessandria alcuna responsabilità diretta nella morte violenta della studiosa.
Per attivare un’azione concreta e coordinata di “riscatto scientifico” si è dovuto attendere sino al 1999, quando, nell’ambito del Piano d’Azione della Conferenza Mondiale UNESCO sulla Scienza (Budapest), è stata avanzata la richiesta della realizzazione di una Rete Internazionale di donne scienziate: ‘Programma-IPAZIA’. Il programma ha come obiettivi: mettere a servizio del mondo femminile uno spazio fisico ed informatico di incontro e di confronto; organizzare e gestire un portale informatico per permettere alle scienziate di paesi diversi di lavorare insieme attraverso i moderni strumenti di comunicazione on-line; organizzare giornate di studio, seminari e tavole rotonde per la diffusione della scienza nelle diverse Regioni UNESCO; promuovere corsi di formazione e borse di studio per giovani ricercatrici che operino a vantaggio della pace e dello sviluppo.
Hypatia è un cratere da impatto lunare di 38,82 km di diametro situato lungo il bordo nord-occidentale del Sinus Asperitatis, una baia sul bordo sud-occidentale del Mare della Tranquillità. È una formazione asimmetrica di dimensioni 41 × 28 km con un bordo esterno irregolare e ruvido che è tagliato in più punti da strette fenditure, sembra una fusione di diverse formazioni crateriche che hanno creato un pavimento interno comune. Il cratere satellite Hypatia A più simmetrico a forma di ciotola è attaccato al bordo esterno a sud-ovest.
A circa 70 chilometri a nord di Hypatia si trova un sistema di solchi lineari chiamato Rimae Hypatia che si estende per una lunghezza di circa 180 km attraverso il Mare della Tranquillità, e generalmente segue un percorso sud/sud-est.
238 Hypatia è un asteroide della Fascia principale, del diametro medio di 148,49 km, probabilmente composto da materiale carbonioso primitivo; la sua superficie appare di colore molto scuro. Fu scoperto il 1 luglio 1884 dall’astronomo russo Viktor Knorre a Berlino.
Una delle molteplici raffigurazioni di Ipazia è stata eseguita ad opera di Raffaello Sanzio nell’affresco “La Scuola di Atene” (databile 1509-1511), situato nei Musei Vaticani, anche se non ne è verificata l’attendibilità.
Le cinquantotto figure presenti nell’affresco hanno sempre sollecitato gli studiosi circa la loro identificazione: i due principali filosofi dell’antichità – Platone, raffigurato con il volto di Leonardo da Vinci, e Aristotele, con il volto di Bastiano da Sangallo – si trovano al centro della composizione; il personaggio sulla sinistra, di fianco a Parmenide, dai tratti efebici, biancovestito, l’unico con lo sguardo rivolto verso lo spettatore, è di identificazione controversa: per alcuni è Francesco Maria Della Rovere, duca di Urbino e nipote del papa Giulio II, per altri è Ipazia, che rappresenta la ‘Verità’.
Fonti:
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