La luce cinerea della Luna: cos’è e come fotografarla

Se vi è mai capitato di osservare il cielo, o in generale quando lo osservate nei primi o gli ultimi giorni di lunazione, sicuramente avrete notato che, oltre alla sottile falce di Luna crescente, quando il fondo cielo è abbastanza buio, si comincerà a vedere il restante disco lunare non illuminato, dove è possibile distinguere ad occhio nudo i mari e le terre lunari.

Se non lo avete notato, beh, vi consiglio di farlo! Dovrete però aspettare circa 29 giorni (ovvero il tempo necessario per completare una lunazione, il mese sinodico).

La luce cinerea: le interpretazioni nella storia

Si tratta della luce cinerea, uno dei fenomeni più antichi mai osservati, che è sempre stato interpretato in diversi modi molto fantasiosi, fin dal Rinascimento. Allora, infatti, si credeva che la Luna brillasse di luce propria, oppure che fosse semitrasparente, traslucida o fosforescente o che riflettesse la luce delle stelle e di Venere.

Regiomontano, a metà ‘400, e Leonardo da Vinci nel Codice Leicester, nei primi anni del ‘500, hanno dato un’interpretazione intuitiva della luce cinerea, ma è stato Galileo Galilei che nel Sidereus Nuncius prima (1610), e nel Dialogo sopra i Massimi Sistemi poi (1632), a fornirne una interpretazione precisa, che è quella che conosciamo oggi.

Da cosa dipende questo fenomeno?

Così come quando sulla Terra c’è la Luna piena e c’è molta luce durante la notte – il cosiddetto “chiaro di Luna” – così anche sulla Luna, con la luce che riflette il nostro pianeta, esiste la stessa condizione.

Ipotizziamo di vivere sul lato visibile della Luna (leggi l’articolo sui moti lunari per sapere perché la Luna mostra sempre la stessa faccia): quando sarà Luna Nuova, il pianeta Terra sarà in opposizione al Sole rispetto a quest’ultima, quindi interamente illuminato.

Il “chiaro di Terra”, se così possiamo chiamarlo in maniera un po’ buffa, ha un impatto molto più grande sul nostro satellite: innanzitutto la superficie della Terra visibile dalla Luna è circa 13 volte più grande della Luna stessa, ma ha soprattutto un maggiore potere riflettente (albedo): circa il 37% contro il 7% della Luna. Questa riflettività dipende principalmente dalle nubi e dai poli ghiacciati e solo in una piccolissima percentuale dagli oceani, diversamente da come si potrebbe pensare.

La luce cinerea nella nostra lingua viene chiamata così perché ha un colore grigiastro che ricorda quello della cenere. In inglese rende più l’idea del fenomeno col nome “earthshine” ma viene chiamata anche “ashen glow” o più poeticamente “the new Moon with the old Moon in her arm”.

Come si fotografa la luce cinerea?

Se osservare la luce cinerea è molto suggestivo, sapere come fotografarla ci permetterà di immortalare questo momento irresistibile per qualunque astrofilo, anche alle prime armi.

Se avete a disposizione un semplice smartphone, potete provare a vedere se le impostazione della fotocamera permettono una lunga esposizione (di solito si trova nelle impostazioni “PRO”, bisogna aumentare i secondi di esposizione, indicati con la lettera “S”, arrivando ai 0.5 secondi o più). Una volta trovata questa impostazione, bisogna necessariamente tenere immobile il dispositivo, poggiandolo vicino a qualche oggetto o su un supporto specifico.

Un procedimento simile va utilizzato con fotocamere digitali, reflex o mirrorless.

Foto scattata il 26 Aprile 2020, luna crescente di 3,2 giorni, con questi settaggi: mirroless 24Mpx con obiettivo a 200 mm di lunghezza focale, F/6.3, ISO 800, esposizione di 1 secondo.

In sintesi la luce cinerea non è altro che la luce del Sole, che si riflette sulla Terra, che si riflette sulla Luna e che infine raggiunge i nostri occhi o la nostra macchina fotografica.

Ora non vi resta che provare… Buona fortuna!

(Nicoletta Minichino è la Responsabile della Sezione Luna e Pianeti dell’UAN. Foto della Luna riprese con strumentazione varia, dallo smartphone ai telescopi di Soci e dell’UAN sono pubblicate nella Galleria Fotografica dell’UAN)